Associazione Elisabetta Paolucci

Lettera di un padre – Trentino 7 agosto 2013

La lettera

Sono un uomo di 44 anni separato con due figli, pago regolarmente gli alimenti pago regolarmente metà mutuo della casa ove ora vivono i miei figli con la mia ex moglie, ovviamente perché la casa viene sempre assegnata alla madre. Oltre a pagare alimenti e mutuo per un totale di 1230 euro al mese, pago gli extra dei bambini al 50% cioè dentista corsi di sport corsi con la scuola ecc.. Percepisco uno stipendio buono che comunque si aggira intorno ai 1900 2000 euro al mese, ma purtroppo sono ugualmente costretto a vivere in miseria perché tolte tutte le spese mi rimangono 550 euro scarse, e con quelle sono costretto a pagare un affitto, mantenermi come persona, pagare luce spese condominiali e a dover mangiare, sì purtroppo anche quello perché anche un uomo separato deve mangiare, cosa che i giudici di questi tempi spesso dimenticano. La mia ex moglie oltretutto non si sa come mai oltre ad avere un suo stipendio e percepire regolari alimenti percepisce un contributo provinciale di circa 130 euro come donna separata (dove sta l’equità solo Dio lo sa). Nella casa coniugale dove appunto vive la mia ex moglie vive il suo nuovo compagno che ovviamente non mettendo lì la residenza (chi è lo scemo che lo farebbe?) non mi paga alcun affitto nemmeno irrisorio, ma ovviamente contribuisce con un contributo alla mia ex moglie. Io per la legge devo solo stare zitto visto che la casa è stata assegnata alla mia ex moglie e lei, cosi mi è stato detto, può portarci ed avere ospiti. Allora mi chiedo e mi domando perché un uomo con la separazione se leale e onesto con i propri figli che cerca di far fronte e pagare regolari alimenti si trova in miseria, e la donna magari traditrice deve vivere meglio di prima? Dove sta l’equità, che possibilità oltretutto ha un uomo di rifarsi un altra vita. E poi la chiamano parità di diritti.

Anonimo Padre

Fonte: http://ricerca.gelocal.it/

La risposta del direttore

Nella sua lettera, c’è tutto il dramma di questo tempo. Di qui la mia scelta di pubblicarla in prima pagina. Fino a qualche anno fa, nelle coppie, al di là delle responsabilità del fallimento di un matrimonio, di un percorso, di un disegno di vita, c’era un soggetto debole (la moglie) e c’era un soggetto forte (il marito). C’erano le eccezioni, ovviamente. C’erano anche alcune variabili. E c’erano, in giro, le solite battute. Una fra tutte: comunque vada, il divorzio è una cosa per ricchi. Purtroppo è quasi sempre stato così. Come ben sanno le tante – forse troppe – persone che si sono separate: talvolta al primo ostacolo, più spesso dopo mille vani tentativi di tenere insieme ciò che solo il sentimento può ancora tenere insieme. Oggi ci sono due soggetti deboli, due frammenti fragili di una coppia che, solo se unita, può reggere all’impatto della crisi. Moglie e marito, divisi, rischia infatti quasi sempre di soccombere. Il denaro, in una distorta economia del rancore, rappresenta quasi sempre lo scoglio più grande. Quel che resta di un amore, per quanto lacerato o strappato in modo solo apparentemente consensuale, può poco contro il desiderio di mantenere uno standard di vita e contro lo scoglio di una calcolatrice che non moltiplica, ma divide cinicamente, quel poco denaro che resta. La questione che lei solleva, a prescindere dai risentimenti e anche dai conflitti che inevitabilmente alimenta o lascia dietro di sé, non riguarda più solo gli avvocati, i tribunali, i mariti, le mogli, i figli, le famiglie distrutte e le tante che – accanto a quelle davvero felici – restano unite in virtù di una colla che si chiama paura (economica, ma spesso purtroppo anche fisica). Ormai siamo di fronte ad una nuova emergenza di cui deve occuparsi la società e di cui, con occhi e con approcci assolutamente nuovi, devono occuparsi le istituzioni. Che spesso non si sono rivelate all’altezza della situazione: puntualmente incapaci di leggere, nella filigrana di una società profondamente cambiata, l’emergere di nuove povertà, di nuove disperazioni. Che modificano la vita di chi si separa. E che spesso mettono a rischio anche il futuro del o dei soggetti che si tutelano giustamente più di ogni altro: i figli.

Alberto Faustini

Fonte: http://ricerca.gelocal.it

 

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